martedì 16 luglio 2013

Cani e genitori, gioie ed odori

La settimana scorsa Ivan IlTerribile è stato coi nonni.

Quanti ringraziano il cielo per l'esistenza dei nonni a cui lasciare i bambini mentre vanno al lavoro? Per me è lo stesso, applicato però all'orribile canide.

E così, mentre ero in ufficio, Ivan ha ricevuto tutto ciò che gli necessitava: ha mangiato (crocchette), ha fatto i bisogni, ha mangiato (una cazzuola), è stato al parco, ha mangiato (un albero), si è rotolato in una chiazza di vomito, ha mangiato (un cestino della spazzatura), si è rotolato in un cumulo di sterco di maiale, ha mangiato (una scrofa), si è rotolato in uno spurgo di fogna, ha mangiato (una bicicletta e relativo ciclista), e per finire si è rotolato tra i cadaveri di una fossa comune.
Naturalmente li ha mangiati.

Dopodichè, i nonni lo hanno imbozzolato con una gomena rubata durante l'ultima crociera estiva e me lo hanno lasciato fuori dalla porta di casa a stagionare.

Tornato trullo trullo dal lavoro e trovata la mummia di Ramesse II sullo stuoino, l'ho incautamente srotolata senza rendermi conto del rischio che correvo. L'equivalente canino della maledizione del faraone ha colpito il mio naso con la forza di mille braccia e ciascuna di quelle braccia teneva in mano una fialetta puzzolente.
Il mondo ha preso a piegarsi su se stesso mentre il senso dell'equilibrio mi fluiva fuori dalle orecchie, la vista si annebbiava e il pranzo mi scalava dall'interno.
Ivan garriva felice, con una scrollata del 5° grado scala Richter si liberava della gomena e contemporaneamente diffondeva la peste nel raggio di cento metri.
Dall'alto, Quattro Cavalieri dell'Apocalisse applaudivano.

Dagli appartamenti vicini cominciarono a sentirsi grida e strepiti, molti inquilini si riversarono per le scale cadendo dalla padella nella brace; i più cauti si lanciarono dalle finestre.

Ivan, finalmente libero, mi saltò addosso mulinando quel mocio vileda fradicio che negli altri cani è la lingua. L'ultima cosa che ricordo è una valanga di pelo e fetore che mi salta sopra e la sensazione di affondare la faccia in un water.

Mi sono svegliato ieri, in una specie di camera iperbarica dell'Istituto Superiore di Sanità.
Un uomo con la tuta antiradiazioni, vicino alla porta, mi ha fatto un gesto di approvazione col pollice alzato, poi è uscito con una certa fretta.
Addosso ho ancora un odore che i medici definiscono "pungente". Dicono che non lo sento perchè il cervello, per difesa, ha scollegato le narici.
Non sapevano potesse capitare.

Mi hanno fornito il computer portatile da cui sto scrivendo per non lasciarmi tagliato fuori dal mondo, così ho scoperto che l'esercito ha messo in quarantena il mio quartiere e la popolazione è stata evacuata.
Ivan dorme tranquillo sul tetto del palazzo: sta digerendo.

Le prospettive, a detta dell'Alto Commissariato dell'ONU per i Rifugiati, sono abbastanza buone: se i venti non rinforzano, c'è speranza che l'odore resti circoscritto e continui a diminuire gradualmente. Ancora un paio di settimane e dovremmo rientrare nelle nostre case.

Oggi mi è stata recapitata una lettera dei nonni. Comunicano che stanno partendo per un weekend lungo e non potranno badare a Ivan per il prossimo mezzo secolo.

Se mi funzionassero le narici sentirei puzza di scusa...


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